Il sito prescelto per la scultura di Staccioli è una leggera altura del territorio di Motta d’Affermo: un avamposto in quota sul mare e prospiciente gli scavi di Halaesa, le cui coordinate geografiche centrano esattamente la consistenza matematica del trentottesimo parallelo.
Nominando la propria opera, l’artista traduce l’astrazione della misura terrestre in creativa percezione metafisica e suggella l’intrinseco legame dell’opera alla geografia del luogo, in perfetta sintonia con la poetica che contraddistingue sin dagli anni sessanta le proprie creazioni.
L’opera è un tetraedro titanico cavo realizzato in acciaio corten. Parzialmente sprofondata nel territorio roccioso, presenta una fessura lungo lo spigolo occidentale che rende ancora più preciso il suo collocarsi nella specificità del luogo e nello spazio cosmico.
Come un faro introverso, testimone consapevole del ciclico e irreversibile scorrere del tempo, cattura la luce solare attraverso la fessura, registrando nel proprio ventre geometrico i riverberi luminosi dallo zenit al tramonto.
Al concetto di immortalità, notoriamente correlato alla piramide faraonica, subentra qui il concetto più responsabile di transitorietà, attraverso il quale l’artista celebra la vita nel suo incessante anelito all’eterno.
L'opera